da “La Nuova Ferrara” del 01/12/2014
di Gioele Caccia – Ferrara
Paolo Calvano, lei oltre ad essere il segretario provinciale del Pd e neo-consigliere regionale è stato anche sindaco. Il Partito Democratico ha allestito una rete di garanzia nelle aziende pubbliche, una sorta di paracadute per gli ex sindaci che hanno concluso il loro mandato?
«Voglio essere chiaro su un punto. Concordo con il principio che un sindaco non necessariamente a fine mandato debba ricevere un incarico dall’ente pubblico. Dissento invece da chi ritiene che un ex sindaco non debba più accedere a ruoli pubblici. Perché chi ha fatto il sindaco con competenza, sensibilità e consenso non può essere considerato un valore aggiunto, ma una diminutio, una persona che toglie qualcosa alla collettività?»
Il cittadino comune può ribattere che questa chance supplementare sembra sempre più confinata nel recinto della politica, dove ci si può alzare dalla poltrona di sindaco e sedersi su quella di amministratore di un’azienda pubblica.
«Insisto: un sindaco che ha svolto due mandati, quindi con un consenso rinnovato, ha anche gestito la contabilità e i bilanci pubblici per dieci anni, è entrato in contatto col tessuto imprenditoriale e sociale di un territorio e con migliaia di cittadini, ha acquisito capacità di ascolto. Sono tutte competenze che aggiunge a quelle che ha sviluppato da privato cittadino. Faccio l’esempio di Lorenzo Marchesini, l’ex sindaco di Mesola che è un avvocato, e di Gian Paolo Barbieri, consulente d’azienda nel campo dell’innovazione e autore di studi sui servizi pubblici locali. Sono persone che non hanno bisogno della politica per vivere, è vero che hanno un rapporto fiduciario con la maggioranza che governa molti enti della provincia ma hanno anche dimostrato competenza amministrativa. Non è giusto che siano allontanati da qualsiasi incarico pubblico solo perché ex sindaci.»
Ma il consenso acquisito come sindaco può essere un valore per chi deve amministrare un’impresa pubblica?
«Non è sufficiente se è quello l’unico aspetto che consideriamo. Ma se è unito alla competenza non vedo perché questo percorso debba essere sbarrato. In passato attraverso questa via sono stati risolti anche dei problemi ‘politici’, diciamo così. Ma oggi è cambiato tutto.»
Torniamo al cittadino comune. Molti hanno perso il lavoro o per raggiungere i mille euro devono fare due o tre mestieri. Si chiedono perché chi svolge già due o tre attività nel privato può affiancare a queste un incarico pubblico, anche se è da mille euro al mese.
«Ribaltiamo la questione: sarebbe meglio se non avessero un lavoro proprio?»
L’astensione alle ultime regionali non può essere intesa anche come un rifiuto di queste situazioni?
«Penso che la gente sia stanca soprattutto di alcuni privilegi oggi inammissibili (ad esempio un compenso da 240mila euro l’anno), non di stipendi che si notano per altri motivi, cioè per la loro sobrietà.»
Sull’assegnazione di questi incarichi non di rado mancano le comunicazioni ufficiali. Se ne viene a conoscenza nei pour parler. Non c’è anche una questione di trasparenza?
«A Ferrara tutto il lavoro fatto dal sindaco (nomine, sfoltimento di aziende pubbliche e di incarichi dirigenziali) è stato pubblicizzato nelle riunioni delle commissioni consiliari. Sui siti internet delle aziende si possono reperire tante informazioni su compensi e nomine. È tutto pubblico.»
Non tutto quello che dovrebbe comparire e nemmeno in tempo reale. Ma passiamo al suo incarico in Regione. Se a fine mandato non sarà riconfermato che lavoro svolgerà?
«Come segretario provinciale del Pd ho un incarico a tempo determinato che scade a fine mandato (Calvano è in corsa per l’incarico di segretario regionale, ndr). Cosa farò dopo la Regione? Ho una laurea in pubblica amministrazione e sto frequentando un master in performance della pubblica amministrazione. Ho fatto il sindaco per due mandati e ancora prima ho svolto attività da ricercatore universitario. Ho una professionalità da spendere. Mio padre ha anche un’azienda privata con cui ho collaborato ogni volta che mi ha chiamato.»
Ma il sistema pubblico deve dimagrire o no?
«Sì, io inizierei dall’accorpamento delle aziende dei rifiuti.»