Il Partito Democratico quest’anno compirà dieci anni. Ciò che siamo riusciti a far nascere dieci anni fa, in realtà, era già stato immaginato molto tempo prima, quando c’è stato chi, anche a costo della propria vita, aveva intuito che i riformismi cattolico-democratico, socialista e liberale potevano e dovevano trovare il modo di stare insieme. La caduta del Muro di Berlino ha poi confermato che quella doveva essere la strada da intraprendere. Con grande abnegazione e impegno, dopo l’esperienza dell’Ulivo, di cui Ferrara è stata grande protagonista, siamo riusciti a fondare un partito nuovo con la forza e la capacità di rilanciare una società dei diritti, dell’inclusione, della solidarietà, delle libertà, dell’etica e del cambiamento.
Quella forza e quella capacità il Partito Democratico ce le ha ancora.
Anzi, oggi c’è ancor più bisogno di riaffermare quei valori e il nostro Partito è lo strumento con cui possiamo farlo. Le destre, da quella lepenista a quella trumpista per passare a quella leghista e a 5 Stelle, hanno definito il loro campo; hanno scelto la via del populismo semplicistico, nel quale ognuno bada a se stesso e al proprio recinto: gli ultimi rimangono ultimi e i primi possono godersi la propria rendita di posizione, senza preoccuparsi di una dimensione più solidale e inclusiva della società, senza preoccuparsi di come garantire a tutti le stesse opportunità e la possibilità di seguire le proprie ambizioni.
Il Partito Democratico, nel contesto socialista europeo, dovrebbe essere l’interprete di una risposta innovativa dentro il campo di una sinistra che abbandona le proprie nostalgie, senza rinnegare i propri valori.
Le fuoriuscite creano sempre dispiacere, come tutte le separazioni sono dolorose per chi resta e per chi se ne va, ma bisogna anche avere la forza di guardare avanti. Credo che mai come in questa fase serva rilanciare il progetto riformista e innovativo del nostro partito. A partire magari dall’esperienza dell’Emilia-Romagna visto che qui, rispetto al progetto del PD abbiamo sempre saputo fare passi avanti e guardare lontano
Ma quindi, oggi, cosa è in grado di tenere unito il PD, qual è il collante?
A questa domanda una risposta forte proviene proprio dalle nostre terre, dalla nostra regione, dove il mescolamento delle culture e dei riformismi c’è stato e si è trasformato in un modello di governo nel quale la politica recupera una dimensione di sobrietà. Nel quale gli ultimi vengono accompagnati attraverso percorsi fatti apposta per poterli riportare dentro la società (servirà a questo il Reddito di Solidarietà). Nel quale il coinvolgimento di tutti coloro che hanno responsabilità di rappresentanza istituzionale e sociale diventa la base per rilanciare nuove politiche del lavoro e nuovi investimenti. Nel quale le sicurezze, da quelle sociali a quelle urbane, diventano un obiettivo centrale del nostro agire politico e istituzionale.
Coltivare il PD significa fatica, sacrificio, capacità di ascoltare e di trasformare l’ascolto in sintesi. Nella nostra regione abbiamo provato a farlo e possiamo dire di esserci riusciti. Una conquista che in un sistema mobile come quello attuale non è mai definitiva, e che ogni giorno va rinnovata e rafforzata. Si può fare, continuiamo a farlo.